Quanto incide sulle nostre vite il sistema agroalimentare? Oggi pesca e agricoltura, insieme ai vari processi di trasformazione, sono sempre più centrali nella nostra economia e da questi settori dipendono ormai la sicurezza dei consumatori e la legalità del Paese. A questi temi l’Unci dedica un’intera giornata di riflessione il 21 maggio a Campofelice di Roccella.
Il convegno dal titolo “Agroalimentare – La pesca, l’agricoltura, la trasformazione: crisi, speranze, sicurezza e legalità”, che si svolgerà presso la Sala Conferenza del Fiesta Hotel Resort, vedrà la partecipazione di rappresentanti del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, dell’Assessorato regionale, e di personalità accademiche esperte in materia (Programma). Per l’Unci questa giornata sarà l’occasione per ribadire un concetto fondamentale: bisogna educare i nostri agricoltori e i nostri pescatori a diventare un’impresa, uscendo dalla mentalità del contributo che attualmente è legato alla persona, per entrare nella mentalità degli incentivi all’azienda. Il percorso intrapreso dall’Unci vuole anche instradare gli operatori dell’agroalimentare e della pesca verso un modus operandi che garantisca la piena legalità nel settore oltre che la massima sicurezza per i consumatori finali.
“Impresa significa tracciabilità e trasparenza e purtroppo in molte zone del Paese, soprattutto al Sud, questo passaggio nodale fatica ad affermarsi – afferma il Presidente dell’UNCI Pasquale Amico – Oggi è l’impresa, non il singolo operatore, a dialogare con strutture sovranazionali come l’Unione Europea dove si decidono le sorti della nostra economia. Come fa l’Europa a capire se un settore è in crisi o no? Guarda ai bilanci e al fatturato dell’azienda”.
“Un nobile scopo quello che si prefigge l’Unci e che condividiamo pienamente – dichiara Paolo Magrì della Segreteria Regionale CISAL Terziario – L’iniziativa del 21 maggio è importantissima per il nostro territorio in quanto la crescita del settore e l’atteggiamento propositivo degli operatori consentiranno indubbiamente la creazione di nuovi posti di lavoro e la regolarizzazione di tanti altri. L’obiettivo che ci accomuna è quello di far crescere non solo il settore e gli operatori ma soprattutto lavoratori ed il loro reddito con la conseguenza di migliorare le condizioni di vita nel territorio di riferimento ricostituendo e rafforzando il tessuto sociale in un ottica di benessere e legalità”.
“Aiutando gli operatori del settore a strutturarsi si ottiene un duplice obiettivo – aggiunge il Presidente Amico – da un lato si educa il pescatore e l’agricoltore a cambiare mentalità, diventando un vero e proprio imprenditore, dall’altro lo si inserisce in un percorso di legalità e di tracciabilità di cui beneficia tutto il sistema. Ad oggi, infatti, si verificano casi in cui un pescatore può ritrovarsi facilmente nell’illegalità senza avere gli strumenti per uscirne. Un esempio su tutti la pesca del tonno rosso: i nostri pescatori sono soggetti alle regole severe dell’Europa e, anche se il mare è popolato di tonni, non possono pescarli. Mentre dall’altro lato della costa non valgono le stesse regole”.
A tal proposito, proprio la settimana scorsa il Parlamento Europeo ha puntato il dito contro la confusione tra le zone di pesca causata dall’attuale obbligo di etichettatura UE, basata su zone e sotto-zone definite dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), che si rivela particolarmente problematica nel caso delle catture in talune sotto-zone dell’area a 27. Ad esempio, la Galizia e il Golfo di Cadice sono etichettati come Acque portoghesi, il Galles come Mare d’Irlanda e la Bretagna come Golfo di Biscaglia.
Il Parlamento ha poi chiesto di introdurre un sistema di tracciabilità forte per tutti i prodotti ittici venduti nei ristoranti e nei negozi europei, per prevenire casi di etichettatura non veritiera. Un sistema di etichettatura europeo, che traccia il prodotto dallo sbarco al consumo, assicurerebbe trasparenza e credibilità del processo di certificazione. E, fornendo informazioni comprensibili e verificabili, si aumenterebbe anche la fiducia dei consumatori e si darebbe nuovo impulso allo sviluppo economico delle comunità costiere, in un percorso che riconosce le migliori pratiche di pescatori e mette in evidenza la qualità dei prodotti.
Gli eurodeputati invitano a sfruttare il potenziale del codice a barra con il Dna per contribuire a identificare le specie. Un sistema di monitoraggio in grado di identificare la specie attraverso l’esame genetico del pesce, è uno strumento efficace per contrastare i “taroccamenti”. Grazie ai test del DNA, un recente studio ha denunciato casi allarmanti di etichettatura errata del pesce servito nei ristoranti di Bruxelles: lo studio ha scoperto che un pesce su tre tra quelli serviti in sushi bar e ristoranti della città, nonché nelle mense delle istituzioni europee, non è quello ordinato. Il più “falsificato” è il tonno rosso (nel 95% dei casi è rimpiazzato da specie tropicali meno costose), seguono il merluzzo (13%, sostituito da altre specie) e la sogliola (11%, sostituito con il più economico pangasio).
E proprio l’Unci ha realizzato di recente un progetto piuttosto ambizioso che utilizza un software innovativo in grado di effettuare in tempo reale l’analisi molecolare di campioni di pesce selezionati. Questo esame permette di risalire alla specie di appartenenza e di controllare e tracciare le importazioni di pescato, consentendo di individuare eventuali frodi ai danni del consumatore e, nello stesso tempo, di certificare l’autenticità dei prodotti di origine controllata. Il progetto prende il nome di Smart Fish e si inserisce in questo percorso di trasparenza e qualità che vuole rivoluzionare il settore della pesca. Con Smart Fish si può ridurre anche il rischio di mettere in commercio pesce infettato da parassiti come l’Anisakis: le nuove metodologie molecolari consentono la rilevazione dei parassiti e delle larve, attraverso la tecnologia real time Lamp. Grazie a questo strumento si potrebbe addirittura definire un nuovo disciplinare di produzione che consenta alle aziende di apporre sui propri prodotti il marchio “Anisakis free”.
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